Sono cresciuta in una semi fattoria quando ancora la Pedagna non era la periferia di Imola ma zona di campagna in cui correre nei campi di “spagnara” e arrampicarsi sugli alberi di maraschino. Quando ero molto piccola la mia migliore amica era una capra di nome Cesare con cui giocavo e nei momenti di buona i miei genitori mi ci mettevano a cavalcioni. Conservo delle foto esilaranti che mi fanno sorridere a ricordarla.
Purtroppo morì investita da una macchina e mio nonno pensò bene di mangiarsela. Avevo 3 anni ma ricordo bene l'indignazione che provai. La beffa un po' macabra è che, poi, l'ironia del destino volle morto mio nonno allo stesso modo. Ero ragazzina e già piuttosto polemica e pensai: “Ma come lui non lo mangiate?”.
Tornando alla bucolica storia della mia infanzia avevamo anche un maiale che razzolava beato nel suo stalletto, non ci avevo stretto un'amicizia come con Cesare, ma gli davo spesso io da mangiare e si può dire che gli volessi bene. Quando diventò abbastanza grasso mio zio lo sgozzò. Rammento troppo bene come le urla che lanciava assomigliassero a quelle di un bambino. Sono echi che mi è impossibile dimenticare.
Dal suo corpo fecero il prosciutto e di nuovo ero schifata dall'idea di dovermene cibare.
Infine, quando avevo 10 anni, la mia famiglia decise di costruire una casa nuova e dovettero abbattere il conigliaio che dava rifugio a una trentina di conigli; mia nonna li uccideva puntualmente per farne stufati ma era una donna sensibile e accorta e non l'aveva mai fatto davanti ai miei occhi.
Quella volta però per tirare giù la struttura chiamarono un tale amico di nonno che si mise in cima alla scaletta di legno e in un pomeriggio tagliò la gola a tutti i conigli. Li prendeva uno dopo l'altro e rideva mentre infilava la lama nel collo delle piccole creature. Io stavo sotto la scala e guardavo i cadaverini ammassarsi ai miei piedi ed ero incapace di muovermi.
Si può pensare che sia una storia fatta di traumi ma in realtà di tratta di sensibilità. Per quanto possa fare soffrire, la sensibilità, io l'ho sempre voluta intendere come un talento per la vita.
Al di là degli animali che ho conosciuto, devo anche confessare che il gusto della carne non è stato fra le mie corde. Ricordo che quando mi obbligavano a mangiare la ciccia riuscivo sempre ad ottenere che ci spalmassero sopra la nutella grazie alla cocciutaggine con cui la rifiutavo.
Con l'adolescenza e l'irrequietezza che comporta, mi appassionai di politica e iniziai a frequentare il collettivo studentesco. Avevo 14 anni e una sera in riunione proiettarono un video documentario sull'allevamento intensivo. Succedevano e succedono cose aberranti in quei campi di concentramento. La mattina successiva informai i miei genitori della mia scelta di diventare vegetariana. Fu una tragedia per loro. Pensate che mia nonna non si è mai rassegnata e ancora oggi ogni domenica puntualmente cerca di propinarmi dei cappelletti.
All'inizio fu dura, era da “strambi” portare avanti idee come la mia e inoltre non sapevo nulla di nutrizione così mi ritrovavo spesso a mangiare della pasta e formaggio ma poi, per fortuna, con gli anni, leggendo e studiando, incontrando persone con la mia stessa sensibilità e entrando a fare parte del “Gruppo di acquisto solidale” di Imola ho imparato a nutrirmi in termini di nutraceutica ed eubiotica.
Se dovessi definire il mio approccio al cibo mi riconoscerei come bio-devota e vegana filosofica.
Da ragazzina avevo la pretesa di diffondere quella che per me era la direzione giusta per la società così iniziai a coltivare il sogno di un ristorante vegetariano. Adesso che da 2 anni gestisco il Bio Green Food potete capire quanto mi senta realizzata.
Nella bottega cerchiamo di comprare le materie prime biologiche nel territorio, presso i mercatini a cui partecipiamo, che trasformiamo artigianalmente e con amore nei manicaretti e nelle pietanze. Inoltre faccio il pane e le pizze con il lievito madre lavorando su 4 lievitazioni. Sono convinta che sia il più bel mestiere del mondo. Quando lo mangio la soddisfazione mi invade e mi inebria del profumo dei semi tostati che metto sulle pagnotte.
Sono molte e persone che vengono a trovarmi in negozio per cercare maggior benessere sia a livello fisico che spirituale. Constato con gioia che l'attenzione sul cibo sta diventando un main stream e per quanto questo mi faccia piacere, detesto vedere come venga strumentalizzata (come all'Expo).
Concludo con quello che è il mantra in cui identifico la mia scelta vegana: “Sia il cibo gioia per il palato, medicina per il corpo e balsamo per lo spirito".
Illuminati di immenso (S.)
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