Era
una notte di luna crescente; un quarto esatto.
Molto,
ma molto, gialla era la luce della falce che illuminava in maniera
sinistra, quasi spettrale, la vegetazione ed era incredibilmente vicina
alla Terra.
Aveva
qualcosa di estremamente inquietante il buio del bosco.
Mentre
era intenta, come ogni sera, a scrutare il cielo per leggere i
presagi dalle costellazioni, alla fata cadde qualcosa addosso.
Piovve
sul prato di casa,
nella
serata fredda,
con
una certa sofficità.
Sembrava
Tristezza…
ma
non posso dirlo con sicurezza.
Occorreva
onorare quell'incontro.
Come
da legge nel mondo incantato vi è il dovere di far accomodare ogni
ospite.
Fu
così che l'ospite fu condotto nel salotto buono del giaciglio, tra
le fronde del salice piangente;
come si sedette sul sofà cominciò a
raccontarsi quasi logorroicamente alla fata che nel frattanto gli
stava preparato un infuso di equiseto.
Si
scambiarono intense storie nostalgiche e melanconiche sorseggiando la
tisana fumante, fino a quando calò il silenzio nel soggiorno e si
ritrovarono a fissare la fiamma della candela che sussultava al
passaggio del vento.
Chiese
l'ospite: -Sei nata a primavera?-
La
fata annuì sorridendo.
E
continuò – sai io costruivo aquiloni… ne facevo di molti colori
con lunghe code che si agitavano nell'aria…-
lasciò
la frase sospesa ma nonostante la curiosità, la fata non volle fare
domande perché sapeva di ferita quella frase e lei non aveva rimedi
pronti.
Tuttalpiù
che ad un tratto si aprì bruscamente l'uscio della casetta e fece
irruzione nella sala, agghindato con uno smoking che lo faceva
assomigliare buffamente a un pinguino, il Raziocinio.
Prese
subito la parola, sicuro e a suo agio nel giaciglio, gesticolava
copiosamente mentre con voce grossa dissertava sulle valutazioni in
termini di prezzo.
La
sua tesi sosteneva con enfasi che il prezzo era alla base della
capacità di equilibrio del mondo intero, e anche di quello interno,
che altro non era che una valutazione.
La
fata e l'ospite parvero divertite da quella che pareva loro tanta
assurdità.
Non
stavano veramente capendo di cosa stesse parlando.
Avevano
quindi quello sguardo incredulo di chi si sente proiettato in un
universo semantico straniero ma Raziocinio, lui presuntuoso, si
offese.
Sorrise
con strafottenza e continuò: “L' abilità fondamentale mie care, è
sapere disporre i bilanci” asserì “ ma voi, che vi beffate dei
miei moniti e vivete di parole spese in sogni come potete pensare di
sopravvivere al mondo fuori da questo giaciglio?”
Parvero
parole macabre alla fata, che ebbe un brivido di freddo.
L'ospite
intanto si era fatta più vicina, con ingenuità, piccola e docile,
le stringeva forte la mano… aveva occhi lucidi.
Suonò
un allarme pulsante, bip da tasti, crash di sistema.
Altro
non era che la sirena del cinismo.
Da
lì al ritrovarsi nell'oscurità era stato un attimo.
La
fata fu legata talmente velocemente che non ebbe nemmeno il tempo di
rendersi conto di cosa stava avvenendo. Sentì solo i legacci attorno
ai polsi che la stringevano.
La
voce del Raziocinio si era fatta ancora più impetuosa, forse
infastidito dal buio della stanza.
Accusava,
giudicava.
La
fata provava a sciogliere le mani ma non riusciva, tentò di aprire
le ali ma erano pesanti. Come fossero incollate.
Udì
la voce dell'ospite sussurrarle: -non ti preoccupare, andrà tutto
bene.-
La
fata stava usando tutta la magia di cui era capace per controllare la
sua mente e non cadere nelle trappole della paura e dell'angoscia che
l'avrebbero mangiata da dentro se solo lei avesse concesso loro il
minimo spazio.
Fece
un respiro profondo e con voce decisa, senza alcuna esitazione,
ordinò risolutamente: -slegatemi i polsi.-
L'ospite
le era ancora vicino e di nuovo le sussurrò all'orecchio: -non ti
preoccupare, andrà tutto bene.-
Fece
una pausa che sembrò eterna e poi prese a legarle la vita.
-
te l'ho detto che sapevo costruire aquiloni meravigliosi, vedrai come
ti sentirai bene quando il vento ti solleverà-
la
fata irrigidendo il tono controbatté: - sono nata con le ali,
conosco i venti e le correnti. Volare è una faccenda di libertà.
Non di costruzione.-
l'ospite
si fermò. Raziocinio era riuscito a riaccendere la candela.
Con
il lume in mano, a distanza di pochi passi dai due, fissò l'ospite
ed esortò:
-
non vi sono paragoni di prezzo, non esiste nemmeno il mondo se non si
gode di libertà. Slegale i polsi-
l'ospite
tremava, aveva la schiena curva e con fare febbricitante tentò di
scusarsi: - io volevo solo farti sperimentare una cosa unica: la
maniera più stabile e sicura di volare-
-
ma non hai chiesto se lo volevo- accusò la fata, mentre con enorme
sforzo si accingeva ad aprire le ali pesanti.
-
slegami i polsi-
e
così, finalmente, fece l'ospite.
Una
volta liberata, la fata condusse lo condusse alla porta.
La
notte era davvero buia e un velo di nebbia li circondava quando si
salutarono.
L'ospite
accigliato, e con occhi bassi disse solo: -non era mia intenzione
farti del male-
-
Forse non era la tua intenzione, ma la tua azione lo era sicuramente.
Per fortuna non sei riuscito nel tuo intento e non abbiamo nulla di
che rammaricarci. Hai bisogno di altro prima di andartene? -
-
del tuo perdono.-
-
Ti è concesso, ma questo non mi farà dimenticare. Va per la tua
strada. Ti auguro il bene ed imparare ad apprezzare il tempio che è
la natura.-
Gli
volse le spalle. Rientrò in casa e chiuse l'uscio.
Raziocinio
era ancora lì.
-
hai imparato una bella lezione questa sera-
-
tu no evidentemente se sei qui a farmi il sermone- rispose
scrollandosi le spalle con un po' di stizza, la fata.
-
hai rischiato grosso-
-
e tu non hai rischiato niente?-
-
che ragionamenti assurdi che fai-
-
sono stanca…- disse la fata e dopo un lungo sospiro continuò –
ti ringrazio per l'aiuto ma ora vorrei riposare.-
-
va bene, me ne vado- disse il raziocinio – ma dimmi solo una cosa,
chi era?-
-
non lo so con esattezza…- si appoggiò il volto fra le mani- ho
riconosciuto il demone del fallimento o forse era lo spettro della
tristezza. Che differenza fa? Chi mai potrebbe credere di volare
appeso a un filo? Solo un nemico-
Si
addolcì Raziocinio, le accarezzò una guancia.
-
Buonanotte creatura libera- e la lasciò così com'era, con la testa
fra le mani e spossata sul piccolo sofà del giaciglio tra le fronde
del salice piangente.
Lei
si addormentò in breve tempo, ma dei sogni che fece ve ne narrerò
in un altro racconto.