C'era una volta
un'hipster stressata, affiticata e avvilita.
Nel mondo reale la
prova di sopravvivenza era intensa, spesso estenuante. L'unico modo
per fare fronte all'incessante sofferenza le parve quello di
immergersi nella natura così entrò nel bosco.
In una radura scorse
una fata in compagnia di una folletta e di una wicca, sedute su grandi pietre disposte circolarmente attorno ad un altare runico.
La salutarono
benevole al suo arrivo e l'hipster si sedette un pò intimidita al
tavolo con loro.
La fata raccontava
con candore: “Filtra molta luce frai rami del bosco in questa
stagione, se a guardare il cielo mi acceco avrò l'accortezza di
avere fiori tra le mani per dimenticarmi di farmi domande a cui non
posso dare risposta e nello stesso tempo dare senso al tempo.”
“ Son pur sempre
comodi a sedercisi, i frammenti della fantasia. Anche se bisogna
starci attenti: sono fatti di specchi, taglienti lungo bordi e
precari a saltarci sopra. Galleggiano sul fiume e l'acqua li porta.”
asserì la folletta. Ci fu uno sguardo di intensa e l'hipster
commentò: “Luccicano e riflettono questi raggi Uv diretti, senza
protezione allo strato di Ozono. I martelli pneumatici riecheggiano
e stridono fra le vie del centro e i livelli aberranti di polveri
sottili, in questo afoso luglio”
La fata sorrise
“ora sei qui con noi nel bosco magico e sei confortata, come tutte
noi, dal suono della corrente, costante, nel serpeggiante fiume e
dalla frescura dei grandi nespoli giapponesi.”
la wicca prese la
parola: “Diamo al tempo il senso quando constatiamo la stoicità
nella natura e siamo grate della generosità di Madre Terra, per
questo verde che ci riempie gli occhi e rilassa la mente.”
la fata aggiunse:
“Facciamo il gioco del vedere ovunque grazia e armonia”
“bello, bello”
gridò la folletta: “nelle spirali disegnate nel bocciolo della
rosa, nella simmetria delle ali della farfalla, nella ritmica del
canto dei grilli”
La wicca aggiunse: “
nel movimento della luna, delle stelle e dei pianeti”
l'hipster azzardò:
“ nelle relazioni multi spaziali o virtuali”
La fata, la wicca,
la folletta e l'hipster si presero per mano in cerchio.
Celebrarono e
venerarono Madre Terra.
Poi alla luce
dell'alba danzarono il silenzio e le parole del non so:
“Io non so
se questa mia vita
sia stata spianata su un buco vuoto
non so se quello che
cerco
sia un insulto a
quel vuoto
non so se il fatto
di non avere un paio di ali
sia un premio o un
castigo
non so se l'amore
sia una guerra o una tregua
non so se
l'abbandono d'amore
sia una legge
che la vita cuce
fino al ricamo
finale
Io non so che
farmene di questi nemici che premono
non so che farmene
oggi
di questo oggi
e me lo ciondolo fra
le dita
perplesse
io non so parlare
quello che è sentito nel profondo me
non so parlarlo
quell'essere
qui presente fra le
vite degli altri
e non so perché
guardando l'acqua del mare
mi salta in petto
una gioia di figlia con la madre
non so se questa
uscita mia
in un secolo a caso
se questo essere qui
a casaccio
io non so spiegarmi
questa malattia all'attacco del mondo
questa malattia che
indolora
e vorrei sistemare
ogni cosa
in un sogno puerile
di tregua
in un dormire
abbracciati
di guerrieri che si
innamorano
io non ho capito
e dovrei
non ho capito il
mondo della vita
io non ho capito la
legge sottostante
ma esigono da me
l'aver capito
io non so
soccorrervi nel vostro sbando
non so farvi un
canto della guarigione
non so farvi da
balsamo
non so mettervi nel
coraggio essenziale
nello slancio, nel
palpito.
Non so spiegarmi
l'imperturbabilità di Dio
e non mi spiego di
non udire il suo grave lamento
il suo urlo di
collera o di amore
e non so vederlo
ma vorrei, vorrei
sentirlo almeno piangere
come piango io
guardando le faccie
indolorate
guardando le faccie
con grave malattia terrestre
e non so invocarlo
ne bestemmiarlo
che è troppo nella
sottrazione
è troppo astratto
per i miei chili umani
Io non so
incastrarmi nei corpi circostanti
io non so
e forse non voglio
consegnarmi negli
uffici del mondo
e stare buona nelle
sale d'aspetto della vita
io non so
nient'altro che la vita.
E molte nuvole
intorno che me la confondono
me la confondono
e non so cosa
aspetto
cosa sto aspettando
nello sporgermi al
tempo che viene?
Io non so e vorrei
vorrei non stare
fuori misura umana
fuori da questa
taglia finita
io non so se la
bellezza sia questa accademia di centimetri
se la bellezza sia
questa carnevalesca decadenza di anime
io non mi spiego la
crocifissione della grazia
e non mi spiego
perché mi trovi in questo covo rivoltante
in questa fossa
comune con gli orchi attuali
in questo lato
barbarico della specie
e non so perché
stando a occidente
non si ode
quell'alleluia delle cose
io non so in quale
mano, non mano, zampa di Dio
mi stanno torchiando
e sottoponendo al duro allenamento
dei dolori terrestri
io non so se la
solitudine
quello strazio
chiamato solitudine
se quell'andare via
dei corpi cari
se quel restare soli
dei vivi
se quel portarci via
le facce
se quel loro sparire
di facce
che avevamo dentro
il respiro
non so
io non so se il dono
se il dono
sia questo portarci
via le carezze
questa slacciatura
io non lo so
è poco quel poco
che so
e di questo poco io
chiedo perdono
io chiedo perdono
per quello che so
perdono io chiedo
per tutto quello che non so”
Mariangela Gualtieri
fondatrice del Teatro della Valdoca.
Monologo Performance
“La danza delle
parole e del silenzio”
alle 19 in via
Valeriani,
mercoledì sera,
brand Bardoni
reading
Il monologo del “Non
So”
butohsofia a cura di
Simona
Aperitivo al
BioGreenFood con sguazz di brandy alle more: 5 eurini